Yamaha DX7
Premessa
Questo è un articolo in costruzione, appena abbozzato!
Non è stato il primo della serie DX della Yamaha ma sicuramente il più popolare e desiderato, il suo nonno TX1 Electone è stata la pietra miliare della sintesi FX commerciale (escludendo i vari Synclavier e simili), la Yamaha lavorava in questa maniera, mostrava i muscoli per preparare il mercato a mosse epocali e vi assicuro che fu così, prenotai il mio con due anni di anticipo, chiamando regolarmente tutte le settimane per assicurarmi la priorità e venni accontentato solo se facevo un “minitour” tra i più importanti musicisti Italiani per mostrarlo, e mi capitò Battiato (e aggiungo un “sigh..” perché non ho avuto un bel rapporto in passato e nemmeno quella e altre volte fu l’occasione per far pace…e ci rimetto un altro “sigh…” Ma queste sono altre storie).
Tutti aspettavano il DX7, era la prima tastiera che non aveva il suono analogico e all’epoca c’era solo quello se non potevi spendere centinaia di milioni di lire per apparecchi esoterici, tutti sognavano di creare suoni e sequenze con le capacità percussive della tecnologia FX, e pur di accaparrarsene uno facevano carte false per comperarlo in Germania o in Italia lo strafamoso Merula a Cuneo fece i soldi veri riuscendo in anteprima ad averne diverse centinaia ancor prima dell’importatore Italiano!
Tecnicamente parlando….
Per realizzare il DX7 a Yamaha venne in mente di usare i suoi muscoli industriali e realizzare dei Chip FM appositi basati su tecnologia VLSI, in questo modo il costo era più contenuto e soprattutto la produzione sarebbe stata facilitata dato che la richiesta era “impressionante”. Ad ogni modo, ecco le caratteristiche tecniche:
- Polifonia 16 note
- 6 oscillatori sinusoidali per voce
- 6 generatori di inviluppo per voce
- 32 algoritmi di sintesi FX
- Aftertouch, Dinamica, mod wheel, pitch wheel e Breath Control
- Sensibilità dinamica ridotta a 99 su 127
- 32 memorie
- 1 LFO
Il progetto venne completato in fretta e furia, il team di sviluppo dovette rivedere tutto 3 volte perché fin dalla prima apparizione era chiaro che ne avrebbero ordinati a migliaia quindi la casa madre volle accelerare e il progetto ne risentì, le memorie erano poche (il sottoscritto, Camagna e Crucitti realizzammo una espansione di memoria che andò a ruba, più avanti i particolari), l’interfaccia rimase ostica per i più (il 99.9% andava quasi a caso!), l’alimentatore creava non pochi problemi e tantissimi della prima serie dovettero essere riparati.
Avanti tutta!
La Yamaha non rimase con le mani in mano, sfornò tutta una serie di tastiere e moduli in tema DX o TX tra i quali il TX816, ovvero un rack da 4 unità con dentro ben 8 DX7 separati, la vera goduria FM dell’epoca, una delle tastiere che ho usato così tanto che oggi non potrei nemmeno più risentire!
L’ultimo figlio
La Yamaha andò avanti per decenni fino all’avvento dei DSP dove gli altri costruttori presero il sopravvento, la Roland con il suo JP8000 rimise la sintesi sottrattiva in carreggiata grazie alla Supersaw e a seguire Waldorf, Access, etc. ebbero un grande successo e gli appetiti FM vennero a mancare, così il costruttore Giapponese terminò precocemente un progetto in atto che prese forma (in qualche maniera) nell’FS1R, un confuso ma potenzialmente incredibile modulo da 1 unità rack che subì per l’ennesima volta le direttive snaturate e confuse della direzione del colosso Giapponese.
Per chi volesse, ecco l’emulatore del DX7 online!
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