Adventures in Radioland della Mahavishnu e John McLaughlin….
Curiosità, aneddoti, risate e disastri dell’ultimo e più strano disco della Mahavishnu
La Mahavishnu:
- John McLaughlin : Chitarre e Chitarra Synclavier
- Mitchel Forman : Tastiere
- Bill Evans : Sax e alcune tastiere
- Danny Gottlieb : Batteria e Simmons SDS5
Innanzitutto non fu registrato in Gennaio ma in Febbraio/Aprile e forse Maggio, a Febbraio arrivò un camion a portare l’equipaggiamento e a fine di quel mese arrivò la batteria di Danny
La copertina “ORIGINALE” (quella con i bambini) era stata realizzata dallo studio Convertino e il disco era uscito su etichetta Psycho dato che Dentes aveva “molto insistito” e john, per dare una mano, acconsentì.
La distribuzione fu pessima, Dentes non aveva molta dimestichezza e John si incazzà parecchio dato che perse diverse vendite in vari paesi (dove il disco NON si trovava!)
Dieci anni dopo il disco venne ristampato all’insaputa di John con una nuova copertina sotto un’altra etichetta, sparirono diversi crediti e ne saltò fuori uno assurdo, Abraham Wetcher alla chitarra (!) cosa assolutamente falsa dato che Abraham è il liutaio di John e non sa suonare chitarre, le costruisce!
FOTO
Sia nella prima che nella seconda non compaio come fonico anche se le registrazioni principali e tutti i mix li ho fatti io (e John lo racconta in una intervista degli anni 90 e in uno special televisivo, tante che è citato su Wikipedia.
Motivo? Dentes non mi volle pagare come fonico quindi meglio non menzionarmi, lo fece John di tasca sua anche se ero fermamente contrario, ma tra noi era nata una grande amicizia ventennale che ricorderò sempre e mi ha cambiato la vita.
All’inizio delle registrazioni c’era Craig Milliner come fonico, un Inglese che non era adatto al genere e di fatto si annoiava parecchio (!), infatti, durante una delle session post-cena che il gruppo faceva per puro divertimento lasciandomi letteralmente a bocca aperta, Craigh mise le scarpe sul mixer e si addormentò mezzo ubriaco, dimenticandosi di registrare la session sia sul 24 tracce che sul 2 tracce F1 Sony
A quel tempo lo Psycho era diviso in 4 parti, Mixing Room con annessa la sala dove ero io piena zeppa di tastiere con Mitchell Forman, poi c’era una sala di legno dove c’era John, Bill e Jonas che era rivolto vero un grande vetro dove c’era la sala di cemento con Danny Gottlieb .
Nonostante la mia sala fosse dedicata alle tastiere, col tempo e data l’inaffidabilità di Craig, decisi di infilarci pure diverso outboard e un paio di Mixer, avevo pure il mio fidato Sony F1 con il quale registrai fortunatamente tutta la session che altrimenti sarebbe andata perduta (e che ho ancora io!).
John si incazzò a tal punto che volle fuori dallo studio Craigh e da li a poco non lo volle più vedere dato che insisteva a non fare il proprio lavoro degnamente e decise che sarei andato al Mixer (oltre che a tutto il resto), nonostante tentassi di dirgli che data l’importanza forse non ero adatto.
Ma John ci vide bene, mi ci misi d’impegno e in piena notte imparai tutto quello che cera da sapere per stare tranquillo col mixer, lo studer e il fatidico Telcom C4, il riduttore di rumore che aveva bisogno di essere “domato” perchè faceva cose strane a seconda dello strumento.
In coda aggiungerò presto due aneddoti importanti, l’incidente della chitarra di John e il cesso dello psycho, detto “fogne di calcutta”.
La mia giornata era terribile, si partiva alle 8AM in macchina dato che dovevo andare a prendere almeno 3 dei musicisti in un Residence lontanissimo dallo studio, poi, mentre andavano al bar in zona a farsi il cappuccio e brioches e a volte la pizza con salame e cipolle (!!!), io settavo lo studio e le macchine e pure le pulizie dato che l’addetto non voleva farlo tra i cavi per paura di staccare qualcosa.
Poi si registrava fino alla 1,30PM e Cinzia preparava da mangiare per tutti, compreso il Paolone che all’epoca era quello che teneva lontano i curiosi (che abbondavano!).
Si andava avanti fino alle 9 di sera, poi Cinzia preparava di nuovo da mangiare e regolarmente, dopo qualche birra e risata si tornava in Studio di sotto per fare qualcosa d’altro, regolarmente sessions liberatorie che erano FANTASTICHE.
Verso la 1,30 AM, a volte anche le 3 AM, prendevano un taxi e qualcuno andava in Residence (tranne John che stava in un albergo vicino).
I primi giorni, dopo che se ne erano andati, Paolone scendeva e ascoltava allibito le session e i brani, non vedeva l’ora, amava troppo la musica!
Ma dopo che usammo in un pezzo i campionamenti pazzi dell’EMU II (John volle che componessi delle parti apposta), Danny mi chiese di lavorare al suo disco, “Acquamarine”, per cui finivo alle 7 del mattino, lo riportavo in Residence, in mezzo al casino mattutino di Milano, poi andavo a casa a farmi una doccia e ritornavo in studio, meno male che ero giovane.
Così andò avanti per una decina di giorni, poi John si accorse che stavo morendo e impose a Danny di lavorare di Giorno alla fine dei Mix.
Sotto, alcune rarissime immagini della mia sala delle tastiere in Psycho, si riconoscono il Fairlight II, Vojetra 8, PPG + Waveterm, 2 x Oberheim Matrix (non esistevano all’epoca Mahavisnu come gli Akai campionatori), due ARP 2600, il Mood system 55 si intravede, un Moog system 15 (o 10? non ricordo) si vede nella foto del Fairlight, poi ci sono mille altre cose tra cui la Linn 9000 (che non esisteva all’epoca Mahavishnu), vari expander, aggeggi e sopratutto le mie macchinette un po’ ovunque.
Giusto prima dei mix, una ditta che si chiamava “Audiomatica” realizzò una automazione VCA per il Mixer, era la prima del suo genere e vennero a montarla per cui ci furono 4 giorni di vacanza per il gruppo che andarono a Roma, Venezia e John tornò a Montecarlo.
Arrivato il giorno del Mix, iniziai ad usare l’automazione che andava bene, ma arrivato al nono canale cominciarono i problemi. Alzavo il 9 e si alzava il 16, dal 9 in poi erano in ordine sparso!
Di nuovo fermi, arrivarono gli Audiomatica di corsa e dopo una giornata tornò tutto a posto.
In mezzo ai mix ci fu l’ormai famoso e triste episodio della chitarra dove John scomparve per un paio di settimane senza lasciare traccia (e io terminai le registrazioni di Acquamarine di Danny che nel frattempo dormiva dove poi installarono lo studio B, quello che io e Sergione usavamo per tutte le produzioni degli Eli.
Durante le registrazioni, a Paolone non era consentito stare in studio ma lui aveva familiarizzato con tutti, soprattutto con Bill Evans dato che il suo principale strumento era il sassofono, un giorno li beccai suonare assieme e Bill suonò due sassofoni contemporaneamente di fronte a Paolo che diventava matto! Non appena arrivava John, tornava su…
John aveva con se la sua amatissima e inseparabile acustica, la chitarra Synclavier ma nessuna chitarra elettrica che snobbava alla grande.
Chiese se avessimo qualcosa, Paolone portò una Les Paul buttata nel seminterrato, letteralmente nella terra, ridotta male, John la guardò senza battere ciglio, chiese a Paolone di portagli alcune cose tra cui brugole, cacciaviti, tre panni di cui uno morbido, un olio che non ricordo e si mise sul tavolo in cucina fischiettando a lavorare sulla chitarra per un paio d’ore.
Paolone passò dalla cucina e trovò la chitarra sul tavolo, John era andato a lavarsi le mani, la prese e la suonò per qualche secondo facendo una delle sue faccie tipiche (quella dove allarga il viso e gli occhi), John tornò e lo guardò curioso chiedendo come andasse… E Paolo… “Perfect!, Amazing!”. E John disse che aveva lavorato per anni in un negozio di Chitarre quando era sbarbato!
Una notte Paolone tornò dal Magia (un locale milanese) parecchio ubriaco ma non molesto, aveva due signore della notte piuttosto bruttarelle sottobraccio e venne in studio, John fortunatamente se ne era andato da pochissimo ma c’era Bill, Danny e Mitch che rimasero sorpresi e si partì a fare casino con canzoni sboccate da bettola in simil Italiano (il testo era…”Les Pùtanon, that’s my wave”).
Bill aveva il vizio di suonare motivi “Napoletani” spesso…
In studio, era l’86!) avevamo un Macintosh che era stato appena aggiornato a 512K! In Italia non era importato, lo comperammo due anni prima a New York e se non ricordo male lo pagammo 10 milioni tra costo, spedizione e dogana! A parte MacWrite, MacPaint avevamo Captain Growler, un gioco di sottomarini a cui giocava Mitch e Bill in continuazione, citato pure nel disco!!!
Tutte le sequenze del disco le realizzai su un clone dell’Apple II che mi ero assemblato partendo da un “Lemon” (ironia a gogo), con un software che mi feci da solo in assembler, spesso usando il comando “CALL -151” e la miriade di PEEK, POKE, chi volesse approfondire qui e una interfaccia copiata da un programma nostrano scritto in basic ma che non ho mai utilizzato perché sincronizzava male.
Il software era essenziale e semplicissimo ma essendo in assembler sincronizzava come volevo io alla perfezione con il resto dell’elettronica e col nastro e il computer era collegato ad un monitor a colori Philips da 10″ (anche se il software era in B&N).
A parte il Synclavier per le chitarre, usammo inizialmente il mio Vojetra 8 per le sequenze di “The Wait”, l’EMU II per le sequenze pazze, la Simmons DSD5 (che era mia e la usavo collegata ad un apparecchio chiamato Sycologic PSP che permetteva di triggerarla con qualsiasi cosa, in studio avevo tutto della Sycologic) perchè Danny la vide e volle assolutamente usarla (e faccio notare che erroneamente è segnalata la SDS7!), il TX816 per il Rhodes (visto che quello originale di Mitch non arrivò mai) e più avanti un po’ di tutto per sperimentare.
Durante una cena, chiamò Red Canzian chiedendo se John poteva suonare su un disco dei Pooh, John non sembrò per nulla interessato e Red chiamò un altro paio di volte per sapere se poteva contarci ma visto che non aveva risposta, insistetti per sapere che dirgli…
E lui disse, “chiedi 100.000 dollari” (se non ricordo male ma potrei sbagliarmi, comunque era una cifra fuori di testa).
Al che rimasi sorpreso e dissi…”ma non è troppo? Chiedono solo un intervento”.
Guardando me e Cinzia (che lui chiamava…”La mia bela Cinnzzia!”)… John disse con aria beffarda…”Se devo fare la puttana, la faccio ad alto prezzo…”.
Ok, non era giornata, mi spiace per Red che non aveva nessuna colpa, era semplicemente la giornata sbagliata!
Se mi torna in mente altro lo dico. Non posso non citare Cristina che era negli uffici ad impazzire dietro le minchiate di Dentes e a gestire le telefonate da due a quattro ore l’una di Jonas Hellborg che hanno prosciugato quasi tutto il budget del disco (dato che non essendoci internet le telefonate interurbane costavano un capitale).
Qualche volta, incredibile ma vero, io, John, Paolone e a volte Riccardo Monti (il mio amico di Varese che ha riparato il Synclavier a John e poi è diventato amico) e Cinzia andavamo alla pizzeria “Il Calafuria” in Piazzale Siena (e c’è ancora!), qualche volta andammo con parte del gruppo e mai nessuno ci riconobbe…
Mi sono rimasti parecchi cimeli di quell’avventura… Gli spartiti di tutti i musici, le note dei mix, foto a volontà…
Curiosità…
Prima di congedarci con il gruppo, Bill Evans (che era molto amico di Jim Beard, quello che ha scritto The Wait) mi chiese se poteva avere dei suoni del DX7 visto che a New York se ne trovavano pochi e gli diedi circa 15.000 suoni organizzati al meglio (come sono solito fare).
Un paio di anni dopo andai a New York con Dentes e andammo da Manny’s, il negozio di strumenti entrato nel mito, al secondo piano c’era una specie di VIP zone con il manager del reparto tastiere, intanto che salivamo le scale sentii ad alta voce… “Who is this bloody facking Max Costa?”… Nessuno sapeva che ero li, rimasi allibito assieme a Dentes, mi feci avanti e dissi “Sono io…”
Era Jim Beard che aveva avuto i suoni su dischetti e non sapeva come trasferirli su DX7 quindi andò dal tecnico di Manny’s a farsi aiutare, ma ne aveva troppi e stava sclerando!
In tutta la registrazione del disco il gruppo aveva come intercalare…
“Uh…That’s my wave!”. lo ripetevano tra di loro in continuazione.
Nonostante la differenza di età, John era un ragazzo come loro, era il capo per tanti versi e tutti avevano un mostruoso rispetto ma non si è mai adirato, l’unica volta fu quando mise le mani al collo di chi gli ha rotto la sua amatissima e inseparabile chitarra acustica….
Dopo quella avventura, chiesi a quelli del gruppo se conoscevano un fonico per lo studio, io era letteralmente a pezzi, Mitch mi disse che aveva qualcuno in mente e quando tornava a New York gli avrebbe parlato…
Quella persona era Marti Jane Robertson!
Sotto, la scheda Z80A che mi ha aiutato a trasformare il MIDI del mio sequencer su Apple IIe in un segnale analogico per pilotare il Gate?Duck della Drawmer per il brano “The Wait”
MIDI GUITAR
La chitarra MIDI durante le registrazioni della Mahavishnu Orchestra
Le registrazioni avvennero nel 1985/86 in Psycho, il gruppo era reduce da una tournee ed erano in vacanza da un mese circa, Mitch, Bill e Danny da New York, John dal Principato di Monaco e Jonas dalla Svezia.
Prima arrivò un camion che portò tutta la strumentazione, tranne il Rhodes di Mitch che venne bloccato alla Malpensa (il maledetto Carneata).
Tralascio quasi tutto per parlare della chitarra MIDI…
John aveva un Synclavier II a cui era collegata una chitarra sperimentale realizzata dalla New England Digital, la usava ogni tanto, non troppo perche’ il tutto costava come 3 appartamenti con garage e probabilmente un rene ed era estremamente delicato, oltre alla “latenza” non proprio da manuale.
Infatti, senza farlo apposta il Synclavier si ruppe immediatamente (e fu riparato da un amico, Riccardo Monti), anche se questo fece tornare il sorriso a John, non era particolarmente contento delle prestazioni e del fatto che si dovesse portare dietro circa 200Kg di roba (pure i Roadie stavano per scioperare).
Si fece avanti un mio conoscente, tale xxxx (lo nominerò poi, ma è conosciuto come Cruc……) che lavorava alla SGS-Thomson (ora STMicroelectronics) che aveva avuto l’idea di utilizzare il contatto delle corde con i ponticelli per “capire” la nota e l’identificazione della pennata per la dinamica.
L’idea era buona dato che la chitarra sapeva subito la nota in anticipo.
John rimase impressionato e volle sponsorizzare la ricerca.
Ma il tempo è tiranno, dopo settimane eravamo quasi ai mix, venne a trovarci Peter Vogel, uno dei geni che inventarono il Fairlight, probabilmente lo scopo era dei venderne uno a John visto che era molto popolare come dépliant ma non lo comperava quasi nessuno, forse perché l’Emulator II costava un decimo.
John fu grandissimo chiedendo sia a Peter Vogel che all’importatore italiano (la CEM) di regalarne uno a me, ma ovviamente non ci sentirono da quell’orecchio, qualche anno dopo riuscii comunque a comperarmelo da solo e negli anni 90 presi pure il Fairlight III, da quel che so era l’unico?
Ma Fairlight aveva un apparecchietto che sembrava interessante, una scatoletta (forse un prototipo) che convertiva il suono in nota MIDI, lo consegnarono a John e a me diedero l’equalizzatore parametrico analogico controllabile digitalmente (che ho ancora e che pagai quasi 2 milioni di lire).
Il “coso” era molto interessante, andava meglio del Synclavier ma la latenza del MIDI come sappiamo è alta (si tratta di una vecchia seriale) e alla velocita’ di esecuzione di John non funzionava.
Poi arrivò il prototipo di Cru…..
Anche se l’idea era buona non aveva fatto bene i conti con tante cose, come fa a riconoscere lo slide, il picking? Inoltre, la conversione A/D funziona decentemente per le note medie e alte ma è terrificante sulle basse. Come fa a riconoscere le note aperte dalle altre?
Questi erano una piccola parte dei problemi, quando si cerca di creare qualcosa di nuovo è ovvio che la strada è molto più ripida di quello che pensavi, ma se non ci provi non lo saprai mai!
Non terminato….
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